E’ diverso il Primitivismo dal Naif, anche se l’uno e l’altro hanno scaturigine dall’ingenuità creativa, dal ripudio dell’artificio tecnico, dalla volontà di riallacciare ieri, oggi e domani, un rapporto diretto con l’uomo e con la natura. La saggezza elementare di questa pittura, se autentica e ben fatta, è la estemporaneità, la spontaneità la genuinità emozionata ed emozionante. Margherita Biondi mette sulla tela le suggestioni immediate, ricevute da un paesaggio, da un ciuffo d’erba, un mazzo di fiori in vaso, un grappolo di case in collina, come un grappolo d’uva fra i pampini. La poesia che ne viene fuori è spesso rimata, musicale, limpida. Nessun segno d’angoscia esistenziale, ma solo entusiasmo felicità espressiva, ”joie de vivre”. I colori del Naif sono quasi sempre puri, accesi, smaltati, indenni da elaborazioni. I colori del Primitivismo sono invece cercati sulla tavolozza, come frasi chiare, per comunicare emozioni sentite, godute, rammentate. Il Naif fa uso della fantasia, per inventare proiezioni, riflessioni, simboli; il Primitivismo non fa uso del fantastico, preferisce affidarsi alla memoria nostalgica, all’impatto immediato col vero, di cui coglie e raccoglie una sorta di nettare. Ed ecco l’avventura pittorica di Margherita Biondi, le antiche diapositive d’anima, i dagherrotipi della sua sensibilità incisiva, tutti allineati lungo le pareti della galleria, così come sono in fila nella sua memoria appassionata impressionata. Ed è facile intendere quello che vuole dirci sommessamente. Ed è un momento rasserenante in tanta difficoltà d’interpretazione dell’arte d’oggi, della poetica contemporanea, del mondo che ci circonda e, invece d’incantarci ci spaventa.